lo zio mario


Lo zio Mario era il quinto figlio nato nel 1912 ad Airasca, era molto vicino come età alla mia mamma e loro due erano stati come due gemelli.

 

Lo zio Mario era quello che tra tutti assomigliava di più alla Nonna Maria. Visse sempre a Piacenza.  Tutti quelli che mi hanno parlato di lui hanno detto che era bello, gentile e molto attaccato alla mamma ed alla sorella. 

 

Era bruno alto e sportivo, di lui si conservano i ritagli di giornale che testimoniano le imprese di canottaggio con la società “Canottieri Vittorino da Feltre” con il Gruppo Sportivo Universitario fu campione Italiano, fu anche campione ai giochi Littoriali di Milano.

 

Si iscrisse alla scuola di agrimensura G. D. Romagnosi di Piacenza dove si diplomò geometra nel 1928. Entrò poi nella fornace “Rizzi & C”che nel '33 prese la denominazione di RDB storica società leader in Italia dell'Edilizia. Si iscrisse all'Università di Milano, ma frequentò poco.

 

La sua attività professionale fu ricca di soddisfazioni e riconoscimenti. 

 

Prestò servizio militare nel Genio come il nonno e secondo la tradizione di famiglia fu Ufficiale e fece la sua leva presso il Reggimento di Pavia nella specialità delle trasmissioni.

 

Fu  Richiamato come Ufficiale della Divisione Pinerolo 24° Compagnia Genio Telegrafisti Comando Genio P.M. 65 Larissa (Grecia).

 

Partì dalla Stazione di Piacenza per la Grecia  il 29 Maggio del 1943, salutato dalla madre la sorella e qualche amico.

 

Tornò sempre alla Stazione di Piacenza il 16 Ottobre 1954 in una cassetta di legno coperta dal tricolore  a salutarlo la madre la sorella, i fratelli  e qualche amico.

 

Riposa nel cinitero di Piacenza. La madre,  la sorella,  ed ora noi nipoti che non l'abbiamo mai conosciuto, ma abbiamo visto il commosso ricordi della madre e della sorella, abbiamo  mai fatto mancare, un fiore ed   il nastro tricolore sulla sua lapide.


la sua guerra


Voglio  raccontare la storia che ha portato alla fine di mio zio, lo faccio con le parole del libro "L'Albo d'onore"

 

(Dopo l'8 Settembre ) "In Tessaglia, si sottrae ai tedeschi una sola divisione, la "Pinerolo" del Gen. Infante. La divisione conta una forza imponente, circa 22.000 uomini, e controlla un vasto territorio e, in accordo con i greci e gli inglesi, entra nella Resistenza. Altri militari sfuggiti alla cattura giungono da diverse località per aggregarsi, mentre unità della "Pinerolo" formano il Reggimento TIMO (Truppe Italiane Macedonia Occidentale). Da parte greca, però, malgrado le garanzie della missione militare britannica, si punta ad impadronirsi dell'armamento e dei muli degli italiani. Gradualmente i reparti verranno disarmati, gli uomini ridotti in schiavitù, costretti ad umilianti lavori per strappare un minimo di sostentamento. Per gran parte degli italiani sfuggiti al Terzo Reich e confluiti nelle bande, i diciotto mesi seguenti saranno ai limiti della sopravvivenza e ben oltre i confini della dignità. "

 

"La Divisione "Pinerolo" che riesce a raggiungere le montagne del Pindo, si trasforma nel Reggimento TIMO (Truppe Italiane Macedonia Orientale). Sono circa 8.000 uomini, sicuri di aver conquistato con la loro scelta il diritto a un trattamento dignitoso. Lo garantiscono gli inglesi, lo controfirmano con il "Patto di cooperazione" i rappresentanti dei due movimenti resistenziali greci, l'ELAS (Comunisti) e l'EDES (Monarchici). 

 

Ma, a novembre, l'ELAS, disarma il I° Battaglione italiano, ed è chiaro che non si fermeranno; l'ospitalità offerta dentro il proprio territorio agli italiani, è finalizzata solo per poterli gradualmente depredare. A fine ottobre la "Pinerolo" è completamente disarmata.

"Gli ufficiali inglesi usano gli italiani per sabotaggi, per colpi di mano, per impiantare e riparare linee telefoniche, riattare ponti e strade, recuperare materiale paracadutato sui monti, controllare le mosse dei tedeschi.

Insomma i greci, con il tacito assenso britannico, preferiscono non ridare le armi agli italiani se non in casi eccezionali, quale, per l'appunto, un improvviso rastrellamento germanico. E comunque al termine dell'impiego i fucili e le munizioni vengono requisiti."...

L'inverno '43/'44 "...è trascorso al riparo nei tuguri a condividere cimici e impasti di farina e fagioli."

 

 


TRASCRIZIONE DEL DIARIO DEL SOTTOTENENTE MARIO LUISE

(CRONACA DAL 11/9/ 1943 AL 16/9/1943)

 

Partenza alle ore 19 del giorno 11 settembre 43 – Raffiche di mitragliatrice e numerosi sorvoli di aerei all'uscita dalla città (1), Al km 2 grave rischio di essere scoperti per l'incrocio con un auto tedesca mentre attraversavamo il ponte.

Ore 20: raggiungiamo il primo posto di raccolta dove troviamo numerosi soldati Italiani. Scambi festosi di saluti. Montiamo su di un carretto seguiti a piedi dai soldati raggiungiamo Orman Toiflik. Siamo accolti con ogni cordialità. Tutti con carri raggiungiamo Talani da dove dopo eseguito il cambio di veicolo arriviamo a  Kasaclier. Qui pernottiamo.

 

Ore 10 del giorno 12 – Nostra partenza isolata per Rodiz dove arriviamo alle 12. Siamo invitati ad una riunione durante la quale Ricciardi, risponde ad un indirizzo di saluto rivolto dal rappresentante del E.A.M.. Colazione poderosa e quindi dormita in previsione di una cena ancor più poderosa. A sera ore 11 si realizza il sogno d'amore di uno di noi Cegni (?) che da una nota gentile e di buon auspicio alla nostra avventura, impalma la Lula, officia un prete ubriaco, ma simpatico, commovente e raccapricciante allo stesso tempo il bacio dei partigiani sulla fronte di Giulio, lancio di mangime al posto dei confetti. Il rito ortodosso è completato dall'ingresso della Lula nella casa del sacrificio  in braccio a Giulio –

 

Verso la sera del 13/9 raggiungiamo Deberia a pochi chilometri di distanza, notiamo subito accoglienza fredda quasi ostile. Veniamo condotti in un cortile e abbandonati per qualche ora. Pranzo al lume di luna di pane e formaggio. Veniamo poi condotti in una cameretta della scuola del paese dove passiamo altre due ore di trepidazione. Ricciardi nonostante si prodigasse non poco con la sua oratoria, minacce comprese. Non riesce ad evitare che ci vengano tolte le pistole. Disarmati demoralizzati e senza la Iolanna (?) che abbiamo dovuto abbandonare al suo destino, raggiungiamo verso le due di notte Carazoli. Qui siamo accolti gentilmente da un tenente greco che, bontà sua, ci introduce in un'aula scolastica, assegnandoci a ciascuno un sacco vuoto sul quale dormiamo sdraiati a terra compresi gli sposini!

 

Al mattino seguente (14/9) veniamo presentati al Maggiore Paul con il quale proseguiamo il cammino. Sosta in una località montuosa dove ci rifocilliamo con carne di pecora. Ci rimettiamo in marcia e verso l'imbrunire raggiungiamo un paese, ma non ci fermiamo, camminiamo tutta la notte e dopo esserci rifocillati a____ arriviamo a ____ dove pernottiamo.

Al mattino (15/9) ripartiamo e dopo un lunghissimo cammino tra le montagne , interrotto da una sosta di circa un'ora ad una fonte, arriviamo verso sera, stanchi ed affamati a Longà.

Il Maggiore inglese si eclissa e noi veniamo ricevuti da alti ufficiali greci. Troviamo diversi ufficiali della R.A. ( Regia Aeronautica n.d.t) e di fanteria ed una sessantina di soldati italiani i quali consumato il rancio partono per Mavreli ove trovano altri militari. Noi li raggiungiamo il giorno dopo (16/9) siamo circa 200 persone tra ufficiali e truppa e sei donne (e bambini).



 

RIASSUNTO DELLA LETTERA DEL 18/3/1946 DEL CAPPELLANO TEN. JACOVONE ALLA FAMIGLIA LUISE

 

Jacovone racconta che nell' Ottobre del 1943 raggiunge i soldati della Divisione Pinerlo che si erano rifugiati in montagna nella località di Tirno e lì ha conosciuto Mario.

 

Successivamente si spostano sempre nell' Ottobre 1943 nella località di Neraida.

 

Il 27/11/1943 per evitare un rastrellamento Tedesco lasciano Neraida e si rifugiano in montagna senza alloggio e senza meta.

 

Nel Dicembre del 1943 Ritornano a Neraida che trovano rasa al suolo dai tedeschi. Si accampano alla meglio nelle rovine di Neraida senza viveri, senza equipaggiamento e senza abitazioni coperte.

 

Il cappellano Jacovone di nuovo incontra Mario è malato (malaria) e ridotto allo stremo.

 

Mario muore il 11/03/1944 all'età di 32 anni e viene sepolto nel cimitero di Neraida dove c'è un settore per i militari Italiani (sepoltura N° 614).


Poesia della madre Maria


 

(Bari, 5 Agosto 1954)

 

Arrivo  della adorata salma del mio Mario

 

Dentro piccola cassa vïaggio

verso te, madre amata; coraggio!

 

Torno in patria, una tomba avrò anch'io

con le lampade e i fiori: il fruscio 

 

sulla ghiaia udrò del tuo passo;

sentirò i baci tuoi sul mio sasso.

 

Verso te, mamma cara, vïaggio;

allo sbarco ti attendo; coraggio! 

 

Maria Deneri


Articolo apparso sul quotidiano di Piacenza (LIBERTÀ) il 18 Ottobre 1954 


Ad un amico che torna


Sabato mattina, proveniente da Bari, è giunta nella nostra città la gloriosa salma del sottotenente Mario Luise, appartenente all'arma del Genio, caduto a Neraida, in Grecia, l'11 marzo del 1944. Ad attendere le spoglie alla stazione erano i rappresentanti del locale Presidio militare ( il quale , domenica , ha fatto svolgere solenni onoranze), i familiari del Caduto e un piccolo gruppetto di amici.

 

Caro Mario,

ti ho rivisto finalmente, dopo tanti anni. E con tanta commozione, che davvero non dimenticherò più questo nostro incontro.


Nella nostra stazione. Il giorno 16 di questo ottobre. Sul solito “terzo marciapiede per Milano”. Pochi minuti. Faceva freddo. C'era poca gente; qua e là sulle banchine; impaziente di partire. Qualche soldatino; un paio di carabinieri. Presso il cancelletto d'uscita un gruppetto raccolto di persone: quasi stretto intorno ad una anziana signora; cui una giovane donna veniva aggiustando sui capelli grigi , un velo leggero. 

Poi è giunto il treno, rallentando e fermandosi -sembrava- più dolcemente del solito. Pochi sono scesi, frettolosi verso il sottopassaggio. Altri pochi , già saliti.     

Era rimasto vicino a me soltanto un ufficiale, sulla terza banchina. Con un soldatino. Anzi due soldatini. Belli; ben vestiti; con i guanti bianchi. No; si erano avvicinati anche i due carabinieri. In alta uniforme col pennacchio rosso e blu. Ti assicuro, Mario, che stavano benissimo; veramente molto bene. Il freddo era proprio pungente. Si sentiva nella schiena, Tu sei sceso dal bagagliaio. I ferrovieri ti hanno aiutato a scendere, sostenendoti, quasi affettuosamente. E sotto, già a terra, braccia alzate, erano prontissimi ad accoglierti i due soldatini; a rimetter piede giù dopo tanti anni, nella tua, nella nostra Piacenza. 

Quanti diavolo mai anni erano passati – pensavo- Mario, dal nostro ultimo incontro? 

Deve essere proprio stata una delle nostre tante “uscite” sul Po, in “outrigger a quattro” col buon Achilli, verso Valloria, come moltissime, infinite altre volte. Soltanto quella fu l'ultima. Alla bocca del Trebbia, ci aveva raggiunto l'ululare delle sirene, ad annunciare uno dei grandi “discorsi in piazza”. Più “storico” degli altri. Stavolta, storico davvero. Abbiamo, ricordi? Invertito la rotta, siamo tornati per  l'ultima volta, col nostro scafo sottile rovesciato in testa, verso gli spogliatoi.

Siamo corsi in piazza. La guerra. Dopo: basta. Finito tutto. Mai più Achilli avrebbe interrotto il suo ritmato abbaiamento su per le acque del Po, per richiamarci a “svergolare le spalle ed il busto” come ci mostrava che solo tu sapevi fare.

Così ripensavo, caro Mario, nel riaccompagnarti giorni fa verso l'uscita dalla Stazione dietro quel piccolo, sublime drappello di due soldatini e due carabinieri, soli con te e col tuo Cappellano nel freddo; nel riabbracciarti con lo sguardo, tornato piccolo, in quella tua cassettina sigillata, avvolta nella luce ( era luce davvero) del tricolore, con le bindelline bianche che pendevano, oscillanti al passo di quei due stupendi soldatini che ti riaccompagnavano finalmente alla tua casa; alla tua terra. E andavo alle nostre lontane lezioni di radiotelegrafia; che ti avevano condotto al “Genio” ed a tanti altri nostri comuni ricordi. Ed ero contento. Se pure con le lacrime agli occhi, che tu trovassi così a riceverti la tua città, alle otto di mattina sul terzo marciapiede per Milano, in questo freddo ottobre, oltre alla Patria corsa a sorreggerti con la risorta forza dei suoi soldati, ed a fasciarti con la sua bandiera, anche il cuore commosso di un vecchio fedele amico, in preghiera dietro la tua spoglia; ancora pronto, dopo molti traguardi tagliati insieme, a seguire con una raccolta breve preghiera la tua piccola bara gloriosa e solitaria anche oltre l'estremo Grande Traguardo sul quale hai voluto precederci. E sono certo che la tua bontà, Mario, mi vorrà perdonare se, dopo pochi passo, dopo una fervida preghiera di Requiem mormorata nel freddo, seguendoti lungo la banchina, io non sono riuscito, per l'emozione, a dire una parola di conforto a quell'anziana Signora presso il cancelletto; che ti assomigliava tanto Mario; e che ora, scorgendo quel raccolto cofanetto appressarsi ai cancelli e vedendoti ritornare a lei, glorioso sì tra i soldato in alta uniforme, ma anche rifatto così leggero e piccino come un antico bambinello, si accasciava tra le braccia dei tuoi fratelli.

Sei sempre stato molto buono con tutti, Mario, e saprai certo perdonare, nella gioia raggiunta di poter riabbracciare la tua Mamma, anche questa povera debolezza del tuo amico 

Paolo Fiorani